USARE IL LAVORO COME MONETA

Non c’entrano nulla i bitcoin, non c’entrano nulla i debiti, né le svalutazioni, né le bolle, o i tassi d’interesse. La moneta complementare è una moneta vera, forse l’unica moneta che non ha bisogno di essere supportata dalle banche: la moneta complementare è garantita dal lavoro di tutte le aziende che aderiscono al suo circuito. Per incassare moneta complementare, l’azienda deve dare in cambio il proprio lavoro; per saldare un debito in moneta complementare, occorre dare in cambio il proprio lavoro. Insomma, le aziende non devono essere finte, ma vere. Chi è iscritto al circuito della moneta complementare deve essere un’azienda che ha una attività reale, che ha qualcosa da offrire al mercato, qualcosa che vale.

Detta così, sembra che però il discorso si possa fare anche per le aziende che operano nel mercato ordinario. In realtà, un’azienda iscritta al circuito è anche un’azienda che opera nel mercato normale, perché non tutto si può pagare con la moneta complementare, che è in pratica il proprio lavoro: le tasse, per esempio; quelle bisogna pagarle in euro, perché così vuole lo Stato. Ma in quelle zone dove anche l’ente pubblico entra nel circuito, allora sarà possibile anche pagare le tasse, o quanto meno una parte delle tasse. E l’ente che riceve il pagamento in moneta complementare, potrà a sua volta pagare parte degli stipendi, o delle competenze dei consulenti e fornitori, in moneta complementare. Ecco che si realizza il circolo virtuoso: con l’inserimento nel circuito degli esercizi commerciali, chi riceve parte dello stipendio o dei compensi in moneta complementare, potrà spendere i propri crediti in questi esercizi.

Per poter accedere al circuito, l’unica cosa che occorre ad un’azienda, è che sia attiva, che produca e che partecipi attivamente con i suoi prodotti e servizi. Si crea così un rapporto privilegiato tra tutti gli iscritti, che priviligeranno lo scambio all’interno del circuito, per i grandi vantaggi economici, fiscali, finanziari, che questo comporta. E la moneta che scambieranno, avrà la forza di tutte le aziende iscritte: la forza del loro lavoro.

In un articolo di Sardinia Post del 23 marzo 2013:

“La Sardegna sperimenterà la moneta Sardex attraverso l’erogazione di 500 euro di crediti al mese a 10mila giovani disoccupati di età compresa tra i 25 e i 35 anni, su un bacino di 23mila persone che non hanno mai lavorato. Il tutto con una spesa di massimo 20 milioni di euro per tre anni.”

I beneficiati saranno occupati in attività socialmente utili.

E la regione Sardegna compenserà i propri debiti con la fornitura al circuito Sardex di beni e servizi necessari al funzionamento della rete o attraverso la possibilità di pagare piccoli tributi o trasporti pubblici locali.

“La Regione ha siglato anche un accordo quadro di collaborazione con Sardex prevedendo anche con una delibera di favorire l’ingresso nel circuito della moneta complementare di diverse aziende sarde con la creazione di un fondo da 3 milioni di euro. “L’obiettivo – ha spiegato Cappellacci – è consentire al sistema di lavorare e incrementare beni e servizi ed esprimere un proprio potenziale che non potrebbe essere espresso per mancanza di liquidità, accompagnando la comunità verso un meccanismo di fiducia e di mutua solidarietà”.”

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