IL BARATTO

COME PUO’, UNA MONETA FITTIZIA COME LA MONETA COMPLEMENTARE, GENERARE LAVORO E RICCHEZZA? UNA STORIELLINA DIVERTENTE:

 

Margrit Kennedy, architetto tedesco che si è molto interessata alla moneta complementare ed è promotrice delle monete locali in Germania, è solita raccontare questa storiella, che rispecchia una normale scena di vita nella quale ognuno di noi potrebbe essere protagonista:

Una donna va in un hotel e tira fuori un biglietto da 100 euro per prenotare una camera per la notte. Con quella banconota l’albergatore paga il panettiere, la cui moglie esce e va a comprarsi un vestito, il sarto porta la macchina a riparare, e il meccanico, sempre con la stessa banconota, paga un venditore ambulante di cellulari, che poi va in albergo a prendere una camera per la notte e paga con quella banconota da 100 euro. Ma proprio in quel momento arriva la donna dell’inizio della storia, che dicendo di non volere più la camera, si riprende i 100 euro e la banconota torna quindi nelle sue mani. Appena esce dall’albergo, con l’accendino le da fuoco…perché, dice, era falsa!

Se quella banconota falsa fosse invece stata una moneta complementare, il discorso sarebbe stato perfettamente identico. Cosa vuol dire ciò? Che la vera ricchezza non è il denaro, rappresentato in questo caso illusoriamente dalla banconota falsa, ma il lavoro, il giro di scambio di beni e servizi che è stato creato grazie a questa banconota. Il denaro è una convenzione. Nel caso di quello ufficiale, la convenzione ci dice che se lo accumuli, ne trai un guadagno rappresentato dagli interessi, e la stessa cosa se lo presti a qualcun altro. Inoltre quando lo presti, il tuo scopo è riavere altro denaro, maggiorato dagli interessi sul prestito. Questa è una delle regole fondamentali della moneta ufficiale, che tutti noi usiamo e di cui subiamo la tirannia. Ma se eliminiamo gli interessi, vale a dire se cambiamo la regola sull’uso della moneta, e stabiliamo che quando essa viene prestata, chi la riceve in prestito non dovrà restituire altra moneta maggiorata dagli interessi, ma potrà (e dovrà) riscattare il proprio debito con il proprio lavoro, fornendo cioè merci, prodotti e servizi, e non altri soldi, allora apparirà subito chiaro qual’è la vera ricchezza posseduta da queste persone: è la loro capacità di lavorare. Allora, cambiando le regole, cambia l’effetto che la moneta ha sulle attività economiche: chi ha un debito con una moneta del genere sarà aiutato a saldarlo dai suoi stessi creditori, che gli chiederanno i prodotti e/o i servizi della sua azienda. Anch’essi infatti (i creditori) non avranno alcun interesse ad accumulare la moneta, in quanto essa non genera interessi.

Ecco che, cambiando le regole al denaro che si utilizza, si sviluppa il commercio e quindi la stessa economia delle aziende che riconoscono questa moneta “speciale”. Essa in realtà non esiste, perché non si stampa, non si conia ma, pur non esistendo, ha generato ricchezza. Ma possiamo noi cambiare forse le regole alla moneta ufficiale? No. Ecco il perché della moneta complementare.

ERNESTO E LA SUA TORREFAZIONE:

Ernesto decide di aprire una piccola torrefazione; compra 3 qli di caffé crudo da un importatore, grazie all’aiuto del circuito, e lo paga … zero euro! In realtà sul suo conto acceso nella banca del circuito gli vengono addebitati 600 imthi, mentre sul conto del produttore di caffé, viene accreditata la stessa somma. Questo avviene, perché il circuito stesso dà fiducia ad Ernesto e gli “presta” i 600 imthi di cui ha bisogno per comprare il caffé, sapendo che Ernesto ripagherà il suo debito con il suo caffé tostato venduto all’interno del circuito.

Ernesto lavora il caffé e produce 2.5 qli di caffé tostato e macinato, e rivende il tutto sempre all’interno del circuito ricavandone 1200 imthi, che gli vengono accreditati direttamente sul conto. Non ha bisogno di aspettare che i suoi clienti lo paghino, l’accredito è automatico fatto dalla banca centrale, che provvede anche ad addebitare lo stesso importo ai vari acquirenti del caffé di Ernesto.

Nel conto di Ernesto restano 1200-600=600 imthi di credito. Dato che ogni imthi vale un euro, con questa somma, Ernesto compra sempre all’interno del circuito 100 bottiglie di vino D.O.C. che rivende stavolta all’esterno, ricavandone in totale 500 euro.

Ernesto ha guadagnato, sfruttando gli scambi del circuito, 500 euro. Se avesse cercato di vendere il suo caffé sul mercato esterno, forse non sarebbe riuscito nemmeno a venderlo. Lo stare all’interno del circuito ha favorito i suoi scambi ed alla fine il suo guadagno Ernesto lo ha trasformato in euro.

Con parte di questi soldi, diciamo 150 euro, copre le spese di produzione dovute al consumo di elettricità, del fitto del locale, che non sono spendibili in irnthi, perché il proprietario del locale e l’ENEL non sono iscritti al circuito e vogliono essere pagati in euro. Alla fine in tasca ad Ernesto restano 350 euro: grazie al circuito, Ernesto ha lavorato, prodotto e guadagnato.

  Questo meccanismo tanto meglio funzionerà e stimolerà gli scambi, e di conseguenza il lavoro tra gli iscritti al circuito, quanto più sarà alto il numero degli iscritti. La ragione risiede semplicemente nella constatazione che,  all’aumentare del numero degli iscritti, aumentano le possibilità di scambio e si attiva una concorrenza più efficiente tra i vari soggetti economici. Il successo di un circuito del genere è quindi costituito essenzialmente dal numero di iscritti che partecipano agli scambi.

 

 

 

UN ALTRO ESEMPIO: CIRCUITO IN CUI SONO ISCRITTI IMPRESE DI COSTRUZIONE E PROPRIETARI IMMOBILIARI

 

Un imprenditore iscritto al circuito non ha liquidi  in euro disponibili al momento. Utilizza quindi i crediti ottenuti nella moneta virtuale per pagare l’affitto della sua sede e i suoi fornitori di ferro e cemento, che partecipano anche loro al circuito. Ricordiamo che non ha bisogno di chiedere nessun prestito, ma sul suo conto verrà scritto il debito in IMTHI, che salderà man mano che fornisce le sue prestazioni all’interno del circuito. Ma perché l’affittuario del palazzo dove risiede la sede dell’impresa dovrebbe accettare il pagamento in IMTHI, dal momento che i costi fissi (energia, tasse) sono da pagare in euro? La risposta sta nella logica del sistema di credito all’interno del circuito.

SE L’AFFITTUARIO DEL PALAZZO PARTECIPA AL CIRCUITO IMTHI

Per comprare il palazzo che successivamente affitterà, egli sfrutta i vantaggi del circuito. Immaginiamo che il palazzo costi 2 milioni di euro e che il futuro proprietario disponga solo del 20% della somma in euro; il futuro proprietario può chiedere un mutuo alla banca in euro per, mettiamo, il 40% del costo totale dell’immobile. L’altro 40% lo spende direttamente in IMTHI anche non avendone; l’impresa che gli costruisce l’edificio appartiene al circuito e accetta il pagamento in IMTHI (60% in euro e 40% in IMTHI), perché sa che alla chiusura degli stati di avanzamento, quella somma le verrà direttamente accreditata sul suo conto senza essere costretta ad aspettare un solo giorno. Quei soldi sono così immediatamente spendibili all’interno del circuito. Il futuro proprietario, dal canto suo, si accolla volentieri un debito in IMTHI su cui non paga alcun interesse, mentre sul mutuo in euro è costretto a pagare l’interesse richiesto dalla banca che glielo ha concesso. Egli ripagherà il debito in IMTHI prestando merci e/o servizi all’interno del circuito ed ecco perché egli accetta il pagamento in IMTHI per il fitto del locale occupato dal piccolo imprenditore; egli ha tutto l’interesse a farlo, per poter estinguere il proprio debito in IMTHI nei confronti del circuito.

COME FARE PER PAGARE LE SPESE IN EURO?

Il proprietario potrà affittare una parte dei locali a chi è fuori dal circuito IMTHI e quindi paga in euro, permettendogli così di pagare i costi fissi. I restanti locali verranno affittati a membri del circuito IMTHI che a loro volta avranno interesse ad accettare pagamenti in IMTHI per poter pagare il loro affitto, come nel caso del nostro piccolo imprenditore. Il cerchio è così chiuso e l’emissione di moneta a debito è molto ridotta. Inoltre complessivamente nel circuito, tra debiti e crediti degli iscritti, il cumulo di valore di questa moneta rimane costantemente pari a ZERO.

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