LE BASI DELLA MONETA COMPLEMENTARE LOCALE

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Monete complementari e monete alternative

Il prof. Nino Galloni ha indicato le basi economico-sociali che possono dar luce a una moneta complementare. Egli afferma che la condizione necessaria per la sua realizzazione è l’esistenza di risorse e di opportunità di sviluppo territoriale, dunque di una capacità produttiva, e di una disponibilità di forza lavoro, ossia di disoccupati immediatamente disponibili e dotati di competenze professionali. Occorre che un numero critico di imprese, almeno un centinaio, sufficientemente concentrate all’interno di un territorio, sottoscrivano un “patto territoriale” assieme ai rappresentanti dei cittadini e delle istituzioni in base al quale si impegnano ad accettare la moneta emessa dal consorzio e , a loro volta, ad utilizzarla nelle transazioni con i convenzionati e per pagare i propri lavoratori. Questi dunque riceveranno una busta paga costituita in parte da moneta complementare, con la quale acquistare prodotti e merci presso le imprese del consorzio, e in parte da moneta ufficiale per acquistare i servizi e i prodotti non esistenti sul territorio, come la benzina, Ovviamente questo genere di progetti coinvolgerà settori come quello tessile, alimentare , o di sfruttamento delle risorse naturali, semprechè non si riesca a coinvolgere anche imprese che erogano dei servizi. Non bisogna infine trascurare, secondo Galloni, l’importanza di una cooperazione con gli enti pubblici, e dunque l’esistenza di una normativa che preveda la possibilità di creare dei patti territoriali, o che comunque non si pone in maniera trasversale rispetto a questo tipo di iniziative.

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CI STANNO CONTINUANDO A SPOLPARE

Un accordo tra produttori locali, con uso di  moneta complementare, consentirebbe di creare  occupazione mentre, in caso di eccellenza produttiva è poi possibile esportare il surplus ad un prezzo arbitrario (essendo eccedenze) e perciò competitivo.

La principale condizione di tale proposta è costituita dal mantenimento di tecniche tradizionali, il più possibile integrate nel territorio stesso: non si devono importare semilavorati, materie prime, fertilizzanti ecc. Ma ciò finisce per far crescere ancora di più l’occupazione locale con benefici generali per l’economia interna.