Apre un’azienda con il finanziamento di INVITALIA e chiude dopo 8 mesi

Da:  Lecceprima.it :

Apre pub con soldi pubblici, dopo 8 mesi chiude. Denunciato per truffa
„MATINO – Percepisce attraverso l’agevolazione per le microimprese un finanziamento pubblico di 90mila euro, ma una volta ottenuto il denaro per aprire il suo pub vi lavora dentro solo 8 mesi, mentre, stando alle legge, non avrebbe potuto abbassare definitivamente la saracinesca prima di 5 anni di attività. Ed ora l’imprenditore dovrà rispondere di truffa aggravata.“

Questo è quello che è successo nel 2012 ad un giovane imprenditore che ha avuto accesso ai finanziamenti pubblici per le microimprese. Il suo sogno si è infranto subito dopo aver iniziato, nonostante i soldi ricevuti dallo Stato, o forse proprio a causa di questi. Non si sa. Fatto sta che una volta aver avuto accesso al finanziamento, sono scattati, per lui e per tanti giovani come lui, i soliti meccanismi dei finanziamenti bancari, con scadenze improrogabili e minacce di pignoramento. Il fatto poi che chi riceve questi finanziamenti debba necessariamente mantenere aperta l’attività per almeno 5 anni, anche se la detta attività va male fin dall’inizio, è un’altra tegola sul capo di chi si trova già in difficoltà. Senza voler entrare nel merito del fatto in se, è indicativo che molti commenti nella stessa pagina facciano capire come un avvenimento del genere non è affatto raro, ma che anzi molti aprono in questo modo delle attività senza saper fare impresa, e senza essere capaci di prevedere il futuro andamento del mercato. Gente incapace di fare l’imprenditore si vede elargire soldi pubblici, con quale criterio poi non si sa, anche se ci sono delle procedure da rispettare, e in questo modo invece di aiutare i giovani a fare impresa, li affossano.

A nostro parere va aiutato solo quell’imprenditore che ha dimostrato di saper stare sul mercato, e che ha bisogno di un finanziamento per poter incrementare la sua azienda. Gente insomma che sa il fatto suo, e non giovani di belle speranze che sono destinati ad andare incontro ad un fallimento quasi certo.

Con un circuito di barter una cosa del genere non potrebbe mai succedere, perché il finanziamento si ripaga in lavoro, e nessuno, all’interno del circuito, ha la possibilità di fare il passo più lungo della gamba. Ci sono regole comuni da rispettare e una gestione centralizzata che supervisiona gli scambi e tiene d’occhio chi tende ad indebitarsi eccessivamente, richiamandolo a fornire merci e servizi per abbassare il suo debito. Pagamenti immediati, niente interessi sui debiti e niente banche che si precipitano a pignorare l’azienda. Un altro mondo, insomma.