IL CREDITO DI IMPOSTA NEL BARTER? SI, NELLA PUBBLICITA’

Introdotto nel 2018, il credito d’imposta per investimenti pubblicitari,  per le imprese, i lavoratori autonomi e gli enti non commerciali dell’art. 57 bis del DL 24/04/2017 n. 50, convertito con legge 21/06/2017 e succ. mod. applicabile agli importi pubblicitari incrementali effettuati con il medesimo strumento di informazione dell’anno precedente. Un credito d’imposta particolarmente consistente, del 75% e che sale fino al 90% per le startup e le Pmi. La particolarità è che il pagamento di tali importi dovrà essere effettuato esclusivamente in compensazione, utilizzando il modello F24 con codice 6900.

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cronache fermane

 

UNA PROPOSTA PER L’ITALIA

Da un articolo di Micromega, Enrico Grazzini propone di creare per l’Italia una “quasi moneta complementare”, in realtà l’emissione da parte dello Stato italiano di Titoli di Sconto Fiscale (TSF) in alternativa o in aggiunta ai Titoli del Tesoro attuali con scadenza di 4 anni dall’emissione, assegnandoli ad Enti Pubblici, famiglie e imprese al fine di aumentarne il potere di spesa. Tali titolil a causa della loro struttura intrinseca, non andrebbero ad aumentare il cumulo del debito pubblico italiano, ma sortirebbero effetti benefici sulla circolazione della moneta e quindi sul commercio in generale nel Paese, con conseguente aumento del PIL. La tesi è che l’aumento di PIL che produrrà questa operazione, compenserà i capitali da utilizzare quando questi titoli andranno a scadenza. L’argomentazione è piuttosto articolata, e sarebbe conveniente leggersi tutta l’esposizione al link dell’articolo:

L’“Appello per l’Europa” di Sindacati e Confindustria è un clamoroso errore storico

In questo articolo inoltre l’autore si pone in posizione critica nei confronti di un certo europeismo di maniera espresso da istituzioni di rappresentanza (sindacati e confindustria) che non vanno a fondo nella analisi di una crisi che coinvolge tutti i Paesi dell’Eurozona e dell’EU in generale, e ritiene velleitarie le proposte  avanzate da queste istituzioni, come la creazione degli Eurobond: una proposta già presentata da tempo ma che non ha riscosso alcun favore da parte delle istituzioni comunitarie e dei Paesi membri più forti economicamente; Germania in primis, la quale avrebbe intenzione di fare l’Europa, come si dice da noi, “con i fichi secchi”, cioè pensando di condividere solo i benefici ma non i rischi.

 

RISCHIO ITALIA, IL DEBITO E’ TROPPO ALTO: COS’E’ LO SPREAD?

In queste settimane abbiamo avuto modo di risperimentare la paura dello SPREAD; gli esponenti del governo, dopo alcune dichiarazioni piuttosto ottimistiche, stanno ritornando un po’ sulle loro posizioni, rivedendole per raggiungere un accordo con la  Commissione Europea. Ma cosa significa esattamente questo “numero”…? Lo Spread di cui si parla non è nient’altro che il differenziale del costo delle obbligazioni di pari scadenza (10 anni) e di pari cedola tra le emissioni della Germania e quelle del nostro governo. Il nostro debito è costituito da Titoli di Stato emessi dall’Italia nei tempi passati, con varie scadenze e tassi di cedola. Tanto per fare un rapido esempio, prendiamo il caso di un BTP (Buono Poliennale del Tesoro) emesso anni fa, con scadenza nel mese di novembre del 2031, e che paga ogni sei mesi, a chi ne ha acquistato alcune quote, una “cedola” (cioè riconosce un interesse sul prestito) pari al 6% annuo del valore nominale delle quote possedute. E’ quindi un impegno dello Stato italiano a restituire la somma pagata nel 2031 e nel frattempo viene versata periodicamente al possessore una somma pari ad un tasso di interesse del 6% annuo lordo (3% semestrale). Il valore nominale è pari a 100 ed è il prezzo che verrà rimborsato alla scadenza del prestito. Ma il Titolo è commerciabile su un particolare mercato finanziario (il Mercato Secondario) come una qualsiasi merce soggetta alla domanda e all’offerta, e come ogni merce, il suo prezzo su questo mercato può variare a seconda se la richiesta di acquisto è alta o bassa: se è alta, il suo prezzo può aumentare, ed infatti attualmente questo BTP ha un prezzo ben superiore a quota 100 nominale con cui sarà rimborsato. Ma se la richiesta di acquisto dovesse scendere, scenderebbe anche il prezzo per poterlo collocare. Un Titolo di Stato tedesco di pari caratteristiche (Bund) attualmente costa molto di più del Titolo italiano, perché ci sono più richieste di acquisto, mentre per quello italiano stanno aumentando le richieste di vendita di chi già lo possiede, che per poterlo vendere velocemente ne abbassa il prezzo; questa dinamica potrebbe anche farlo scendere al di sotto del valore 100. La differenza di prezzo tra il Titolo italiano e l’analogo Titolo tedesco, si chiama Spread (“differenza” in inglese). Attualmente lo Spread sale, perché il valore dei nostri Titoli a 10 anni sta scendendo, mentre quelli tedeschi no. Quindi, nel caso scendessero anche quelli tedeschi, lo spread si abbasserebbe, ma, come si dice, mal comune non fa mezzo gaudio: vorrebbe dire che anche la Germania si trova in crisi finanziaria!

Quindi il rischio per l’Italia resterebbe, anche con uno Spread basso, nel caso fosse dovuto al fatto che anche la Germania è a rischio. Ma per motivi tecnici (la Bundesbank tedesca fa da calmiere al prezzo dei Bund) questo non avviene, ed ecco che lo Spread sale e scende a seconda delle vendite e degli acquisti dei nostri Titoli.

C’è un “manovratore” dietro tutto questo…? No e sì. No, nel senso che la variazione del prezzo lo decide, come dicevamo, la domanda e l’offerta, per cui se il numero di coloro che vogliono acquistare è molto più piccolo di coloro che vogliono vendere, ecco che il prezzo di adegua e si abbassa; Sì, perché esistono dei fondi speculativi agenti sul mercato secondario, che riescono a manovrare enormi somme di denaro, e quindi possono influenzare, con i loro acquisti e le loro vendite, il “sentiment”, la tendenza dei piccoli operatori, che seguono l’andazzo. Oltre i grandi fondi speculativi, ci sono anche e soprattutto le banche nazionali degli Stati esteri (nel 2011-2012 operò la banca tedesca come grande venditrice di titoli italiani, facendo salire lo Spread fino a 600!)

In definitiva, non esiste un Grande Manovratore, ma il pericolo che qualcuno voglia giocarci qualche brutto scherzo rimane, anche se per costui potrebbe essere molto rischioso in termini di perdita finanziaria. Spetta a noi fare in modo che nessuno mai ritenga conveniente far alzare lo Spread dell’Italia!